La festa dell’Ascensione ci ricorda il Signore Gesù che sale al Padre.
Mentre Egli sale noi lo seguiamo con lo sguardo.
Il nostro sguardo deve essere sempre ascensionale, cioè dobbiamo guardare tutto con la prospettiva di lassù.
Oggi purtroppo preferiamo tenere lo sguardo basso, come se quello che ci circonda fosse tutto, fosse l’unico orizzonte che ci è possibile sperare.
Invece Gesù che sale al Padre ci insegna a saper volgere il nostro sguardo in alto, in modo da non rimanere impantanati nella materialità dell’orizzonte visibile.
Dom Prosper Guéranger così racconta l’Ascensione: “Secondo una tradizione che rimonta ai primi secoli del cristianesimo, si era sull'ora del mezzogiorno, l'ora stessa in cui Gesù era stato alzato in croce. Ed ecco che, volgendo sugli astanti uno sguardo di tenerezza, che dovette arrestarsi su Maria con speciale compiacenza filiale, elevò le mani e li benedisse tutti. In quel momento i suoi piedi si staccarono dalla terra, e cominciò ad innalzarsi verso il cielo (Lc 24,51). I presenti lo seguivano con lo sguardo; ma presto egli entrò in una nube che lo nascose ai loro occhi (At 1,9). I discepoli guardavano ancora il cielo, quando improvvisamente due Angeli bianco vestiti si presentarono dicendo: "Uomini di Galilea, che state a guardare il Cielo? Quel Gesù che, tolto a voi, è asceso al Cielo, verrà come l'avete visto andare in cielo" (At 1, 10-11). Ora il Signore è risalito al cielo, da dove un giorno ne ridiscenderà a giudicare: tutto il destino della Chiesa è compreso tra questi due termini. Noi viviamo dunque presentemente sotto il regime del Salvatore, poiché egli ci ha detto che "Dio non ha mandato il Figlio suo nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per opera di lui" (Gv 3,17). Ed è per questo fine misterioso che i discepoli hanno ricevuto poc'anzi la missione di andare per tutta la terra ed invitare gli uomini alla salvezza, mentre v'è ancora tempo.
Quale compito immenso Gesù ha loro affidato! e, nel momento in cui si tratta d'iniziarlo, egli li lascia! Soli, dovranno scendere dal monte degli Ulivi, dal quale egli è partito per il cielo! Eppure il loro cuore non è triste; hanno con sé Maria, e la generosità di questa Madre incomparabile, si comunica alle loro anime. Amano il Maestro: d'ora in avanti la felicità sarà quella di pensare che è entrato nel riposo. I discepoli tornarono a Gerusalemme, "pieni di gioia", ci dice san Luca (Lc 24,52), esprimendo con questa sola parola una delle caratteristiche della festa dell'Ascensione, improntata ad una dolce malinconia, ma nella quale si respira, allo stesso tempo e più che in qualunque altra, la gioia ed il trionfo. Durante la sua Ottava, cercheremo di penetrarne i misteri e di mostrarla in tutta la sua magnificenza; per oggi ci limiteremo a dire che questa solennità è il complemento di tutti i misteri del nostro Redentore, e che essa ha reso per sempre sacro il giovedì di ogni settimana, giorno già così degno di rispetto per l'istituzione della santa Eucarestia”. Nella liturgia antica questa festa si celebra di giovedì. Ma quello che ho detto e che dirò vale anche per chi celebra la Messa dell’ascensione alla domenica come oggi.
Dio non lascia soli i discepoli, lascia la Chiesa con il tesoro della tradizione a cui sempre guardare con quello sguardo ascensionale di cui parlavo sopra per comprendere la volontà di Dio e non rischiare di introdurre la propria volontà laddove non collima con quella del nostro Creatore e del nostro Redentore.
Se disdegniamo la tradizione è come disprezzare la volontà di Dio per noi e per tutto il genere umano. La tradizione non è il passatempo dei tradizionalisti ma è una necessità vitale per tutti i cristiani e per tutti gli uomini di buona volontà.