La Lettera Apostolica del papa Francesco sulla liturgia Desiderio desideravi, emanata il 29 giugno, ha ovviamente suscitato molti commenti. A me è sembrato un documento pienamente in linea con l’insegnamento precedente, e questo non significa che sia una cosa per forza positiva. Ci sono cose belle e condivisibili ma a me ha colpito il punto 61, in cui si afferma in modo inequivocabile qual è l’atteggiamento della attuale gerarchia verso il mondo della Tradizione.
Ecco il passaggio: “Ho voluto semplicemente offrire alcune riflessioni che certamente non esauriscono l’immenso tesoro della celebrazione dei santi misteri. Chiedo a tutti i vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, ai formatori dei seminari, agli insegnanti delle facoltà teologiche e delle scuole di teologia, a tutti i catechisti e le catechiste, di aiutare il popolo santo di Dio ad attingere a quella che da sempre è la fonte prima della spiritualità cristiana. Siamo chiamati continuamente riscoprire la ricchezza dei principi generali esposti nei primi numeri della Sacrosanctum Concilium comprendendo l’intimo legame tra la prima delle Costituzioni conciliari e tutte le altre. Per questo motivo non possiamo tornare a quella forma rituale che i Padri conciliari, cum Petro e sub Petro, hanno sentito la necessità di riformare, approvando, sotto la guida dello Spirito e secondo la loro coscienza di pastori, i principi da cui è nata la riforma. I santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II approvando i libri liturgici riformati ex decreto Sacrosancti Œcumenici Concilii Vaticani II hanno garantito la fedeltà della riforma al Concilio. Per questo motivo ho scritto Traditionis Custodes, perché la Chiesa possa elevare, nella varietà delle lingue, una sola e identica preghiera capace di esprimere la sua unità. Questa unità, come già ho scritto, intendo che sia ristabilita in tutta la Chiesa di Rito Romano”. Quando dice che l’unità deve essere ristabilita nella Chiesa, sottintende che l’ostacolo sono i tradizionalisti, ma non quella schiera molto più ampia di sacerdoti, vescovi e cardinali che fanno della liturgia quello che vogliono. Certo nella Lettera afferma che lui si dispiace per gli abusi liturgici ma non denuncia tutto questo come un ostacolo all’unità.
E forse, pensandoci bene, ha anche ragione. Perché gli abusatori manifestano un atteggiamenti che si è ormai radicato nella Chiesa degli ultimi decenni mentre i tradizionalisti cercano di recuperare un essere della Chiesa che evidentemente viene ritenuto un ostacolo al percorso intrapreso. Non so bene dove porterà tutto questo, il tempo ce lo dirà.