Credo che a tutti siano note le polemiche suscitate dal presidente del consiglio Giorgia Meloni, che durante un suo discorso ha citato una frase di Ernest Renan (1823-1892), filosofo, filologo, storico delle religioni francese. La frase riguardava la nazione era: “La Nazione è una grande solidarietà, un plebiscito che si rinnova ogni giorno e che si fonda sulla dimensione dei sacrifici compiuti e di quelli che ancora siamo disposti a compiere insieme”. Bella frase, per carità.
Ma ecco che la sinistra si è ingrugnita, perché non si doveva osare citare Renan. Per esempio Corrado Augias su La Repubblica o Nicola Fratoianni hanno tuonato contro l’uso di frasi di questo pensatore. Cercava di far vedere la fragilità di queste polemiche Maurizio Crippa su Il Foglio che diceva: “Il punto è che finché Sangiuliano straparla di Dante, è facile. Ma se Giorgia Meloni, per la festa dell’Unità d’Italia, sfodera una fior di citazione sulla nazione proprio di Renan, apriti cielo, bisogna fermarla. Era partito come un ussaro Corrado Augias, accusando Meloni di aver resuscitato un pericoloso nazionalista. Ma Meloni ha replicato puntigliosa, e l’ussaro disarcionato ha dovuto rinculare, “convengo che la formula ‘alfiere del nazionalismo’ può essere impropria per eccesso di concisione” e altri distinguo da sagrestia. Ma non si può darla vinta a Meloni. Su Renan, poi! Così da quattro giorni di interventi per spiegare che sì, Renan quell’orrido personaggio poi non era, però. Fino a Roberto Esposito, ieri. Che alla fine fa anche lui la fine dell’ussaro: “E’ anche vero che nei decenni successivi il nazionalismo s’è fatto l’imperialismo, e poi, all’epoca dei fascismi…”. Insomma, il punto non è Renan (chi?), il punto è che se lo cita Meloni, allora è fascismo. Ridicoli”. Ora, il mio punto è un altro rispetto a quello degli illustri interlocutori.
Se bisogna preoccuparsi di citare Renan non è per il nazionalismo o similia, ma perché è stato uno degli artefici della devastazione del Cristianesimo, garante di quei valori a cui una vera destra dovrebbe richiamarsi. Certamente intellettuale brillante, ma anche il fautore della riduzione di Gesù alla sua umanità senza tenere conto della sua divinità. Di Lui avrebbe detto: “Uno vorrebbe fare di Gesù un saggio, un altro un filosofo, un altro un patriota, un altro un uomo dabbene, un altro un moralista, un altro un santo. Non fu nulla di tutto ciò. Fu un incantatore”. Di Renan lo scrittore Emilio Bosso, proprio riferendosi al suo trattamento di Gesù diceva: “Ben l'ha compreso il Renan, il quale, nel suo sentimentalismo mistico e trascendentale, se ha forzato la mano alla Bibbia per darci una biografia fantastica di Gesù che è un vero romanzo, e se ha sbugiardato la teologia restituendo Cristo all'umanità, in fondo non ha fatto altro che prolungare la vita al cristianesimo”. Non dimentichiamo che allievo di Renan fu nientedimeno che Alfred Loisy, uno dei nomi pesanti del modernismo. Certo citare qualcuno non significa essere d’accordo su tutto quello che dice, ma forse Giorgia Meloni poteva scegliere qualcuno più significativo per la destra da ricordare.