Parlare di Tradizione suscita sempre un discreto fascino, investendoci allo stesso tempo di una singolare responsabilità. Si tratta, infatti, di un qualcosa che non è possibile racchiudere in una definizione formale e che nemmeno si riesce a cogliere dalle semplici parole di un libro: la Tradizione, dal verbo latino tradĕre e cioè “tramandare”, “trasmettere”, possiamo intenderla come ciò che viene trasmesso di generazione in generazione, in una continuità ideale che non si interrompe nonostante l’incedere della Storia; di più, però, la Tradizione è anche una dimensione metafisica, perché è il canale di comunicazione che lega Dio all’umanità attraverso i secoli, un dispiegarsi continuo della Verità che si manifesta in un’esperienza di Grazia che, per dirla con il grande vescovo d’Ippona, è «Bellezza così antica e così nuova».
Proprio questo afflato trascendentale è quanto di più difficile risulta da comprendere oggi. Il mondo in cui viviamo, nel divenire scrosciante degli eventi e nel diluvio comunicazionale dell’infosfera esistenziale, il più delle volte non trova il tempo di fermarsi a guardare ciò che è, di riflettere su se stesso, sulla Storia, sulle Idee, sul significato profondo della vita, ancor meno su Dio, ed è così che lascia da parte il meglio di quel che tutti ci troviamo a vivere. Alla parola Tradizione viene quasi automaticamente associato un sentimento di disagio, riferendola ad un qualcosa di stantio e ormai desueto, un insieme di modi di pensare e di pratiche che appartengono al passato e che vengono qualche volta rievocate come ricordi dall’antiquariato dell’immaginario popolare. Come possiamo notare, la prima è una definizione che racchiude una profondità di significati, è aperta, fonte di arricchimento; la seconda invece esprime chiusura, diffidenza, staticità, rifiuto. Nella prima le nuove generazioni vengono arricchite dalla testimonianza e dalla saggezza delle precedenti, immergendosi in una sacralità ben più grande di ciò che è misurabile dalla tecnica e dal calcolo, ed anche fonte di ispirazione per idee nuove e risposte sempre adatte al trascorrere dei tempi, mentre nella seconda pare di restare intrappolati in un labirinto il cui disagio si amplifica nel contesto sociale odierno.
Con l’intento di dare rinnovato lustro al valore autentico della Tradizione, nasce questo libretto del maestro Porfiri, a partire da quattro pilastri, come li definisce, ovvero quattro concetti di fondamentale importanza per la sua – ma non solo – esperienza personale. La testimonianza è il cuore di quest’opera, perché essa è la migliore pedagogia verso il prossimo e verso se stessi; un racconto di vita interiore che viene consegnato ai lettori come esempio di impegno ad una vita nella Tradizione e per la Tradizione, in quanto vissuta nell’impegno personale alla ricerca e al perfezionamento, nell’approfondimento costante delle mille sfaccettature che il Volto divino assume lungo i passi del cammino di ciascuno di noi.
(Dalla prefazione di Lorenzo Maria Pacini al libro di Aurelio Porfiri Non nova, sed noviter, disponibile in e book e cartaceo in lingua Italiana e Spagnola)