Non so se chi mi legge ha la stessa impressione, ma noto che i recenti documenti del Papa (Traditionis custodes, Desiderio desideravi) hanno causato una certa confusione nel mondo tradizionalista.
Coloro che erano stati galvanizzati dalle aperture di Benedetto XVI e prevedevano un futuro di espansione all’interno della Chiesa si ritrovano, come si dice, con il cerino in mano. Le chiusure un questo Pontificato hanno forzato molti a rivedere le proprie posizioni non sentendosi più accolti in una Chiesa a cui appartengono, una Chiesa che predica rispetto per la diversità, meno la loro (cioè dei tradizionalisti).
Certa parte del mondo tradizionalista ha certamente delle colpe, in quanto risente del male atavico che potremmo definire “sindrome del ghetto”, quel volersi sentire a tutti i costi separati, che a volte ha delle ragioni, altre no. Coloro che vivono in una situazione di confine nella Chiesa, dalla Fraternità san Pio X in poi, continuano il loro business as usual. Ma quelli del “riconosci e resisti” sono tirati da una parte e dall’altra e sentono che stanno vivendo i peggiori incubi postconciliari. Dalla comprensione mostrata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si è passati ora alla normalizzazione: nella Chiesa c’è spazio per tutti, Messe con chitarre elettriche e con preti intrattenitori, ma non per quei fedeli che cercano di stare con la Chiesa e i cui volti e parole sempre più somigliano a quelli dei figli che pensano che il padre non li capisce. Ma in realtà il problema è l’opposto: è che li capisce troppo bene e questa Chiesa (non LA Chiesa) non se li può permettere.