Riproduciamo questo testo del 20 gennaio 2022 apparso in francese nel sito della Fraternità di san Vincenzo Ferrer da parte del Priore della comunità stessa.
Seguendo i recenti Responsa della congregazione per il culto divino, come altri superiori, ho sostenuto (messaggio di Natale del 23 dicembre, intervistato nel 28 dicembre) il punto di vista che gli standard emanati non ci riguardavano, perché il nostro diritto ci garantiva l'uso dei quattro libri liturgici tradizionali. In effetti, "la legge universale però non deroga affatto al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto" (CIC, can. 20). Questa importanza del diritto proprio, nella linea più classica del principio di sussidiarietà, della dottrina sociale della Chiesa e della pratica canonica, è ora gravemente ignorata: così tanto da parte dei teologi progressisti e anche da alcuni tradizionalisti. È un effetto combinato del centralismo quasi giacobino delle società moderne, una filosofia di legge pesantemente positivista e una ecclesiologia ultra-romana, che vede nella Chiesa una "monarchia assoluta" e nel Papa una sorta di potentato dai poteri illimitati ...
Questo è quello che ci è stato in particolare obiettato:
"Il Papa può modificare perfettamente gli statuti di comunità o associazioni, o addirittura cancellarli, se ritiene prudenzialmente opportuno: queste comunità emanano da lui perché lui o i suoi predecessori le hanno erette quando lo consideravano appropriato."
Non è veramente esatto dire, senza ulteriori dettagli, che il Papa può "cambiare le Costituzioni approvate da lui". Fondamentalmente, la pratica efficace dei consigli evangelici è un dono di Cristo, e costituisce un diritto dei fedeli. La Chiesa conserva fedelmente (vedi can. 575). Questa è un insegnamento costante del Magistero del quarto secolo (vedi Leone I, Denzinger-Schönmetzer, n ° 321), fino al Vaticano II (Lumen Gentium, n ° 43, con riferimenti al Magistero di Pio XI e Pio XII) e l’esortazione apostolica Vita Consacrata (1996):
"La professione di consigli evangelici è parte integrante della vita della Chiesa, a cui dà prezioso impulso per una maggiore coerenza evangelica" (n ° 3).
Quindi, l'organizzazione canonica dell'osservanza dei presenti consigli è tenuta a costituire uno stato pubblico di perfezione nella Chiesa (cfr. Can 576). Ma attenzione! La gerarchia non crea le diverse forme di vita religiosa, che esprimono - come diciamo oggi - vari carismi. È contrario alla realtà ecclesiale e storica (e in sostanza per lo più mostruoso) pretendere che queste forme e carismi "emanano" della Gerarchia. Le verifica, le migliora, corregge possibili errori (come la povertà assoluta dei francescani spirituali) o le pratiche imprudenti o pericolose per la perfezione della vita morale, ecc.
Il Vaticano II, a questo punto, ha felicemente ricordato la dottrina tradizionale, che (forse per un eccessivo "papismo") era meno sottolineata prima. Gli Istituti religiosi non sono nella loro essenza un'emanazione del potere della giurisdizione o del Magistero, ma provengono dalla vita della Chiesa.
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