Il prossimo 25 marzo, Solennità dell’Annunciazione di Maria, il Papa, su richiesta dei Vescovi dell’Ucraina, consacrerà l’Ucraina e la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Questo atto di grande rilievo del Santo Padre appare alquanto significativo ed opportuno in questi giorni nei quali il mondo è in ansia per il timore di un peggioramento del conflitto e il nostro cuore è straziato per la morte, le sofferenze e le crudeltà patite da tanti cittadini ucraini inermi, che vedono distrutte le loro case da ordigni bellici e si vedono costretti ad emigrare all’estero in condizioni di estremo disagio ed incertezza del futuro.
L’atto del Santo Padre si pone evidentemente in linea col famoso messaggio di Fatima, nel quale la Madonna predisse che la Russia avrebbe sparso nel mondo i suoi errori con danno di molte nazioni, esortando ad affidare la Russia al suo cuore immacolato al fine di ottenerne la conversione. Di lì a poco – si era nel luglio del 1917 – il mondo avrebbe capito a che cosa si riferiva la Madonna: alla rivoluzione comunista, che sarebbe scoppiata nell’ottobre successivo in Russia e al successivo tentativo del nuovo governo ateo, durato fino al 1989, di diffondere il comunismo nel mondo mediante un colossale apparato propagandistico, finanziamenti, favoreggiamento e istigazione di sedizioni e rivoluzioni in molti Stati del mondo, il primo e più importante dei quali, ad aderire all’empia propaganda, nel 1950, fu la Cina, tuttora la potenza comunista più forte del mondo. Invece, come è noto, l’URSS si sciolse nel 1989, curiosamente esattamente quattro secoli dopo la costituzione del Patriarcato autocefalo di Mosca nel 1589, il quale, benchè scismatico, tanti meriti ebbe nel passato nella diffusione del cristianesimo nel mondo a cominciare dall’immensa Siberia. Una nemesi storica?
Indubbiamente, la prossima consacrazione, benchè in linea con quella di Fatima, dovrà avere un’intonazione ben diversa, giacchè oggi come oggi la Russia non costituisce più un centro di diffusione del comunismo, ma con i fatti dell’89 abbiamo assistito, se non ad una piena conversione, cosa sempre problematica per noi peccatori, indubbiamente a molti segnali positivi, dal ritorno del regime parlamentare e di libere elezioni, al ritorno della proprietà privata, dall’aperta professione di fede di Putin e sua amicizia col Patriarca, alla riapertura di numerosi monasteri, all’incremento delle vocazioni religiose e sacerdotali e della frequenza ai sacramenti, alla ripresa della libertà e della letteratura religiose, alla ricostruzione della grandiosa basilica del Salvatore a Mosca fatta abbattere da Stalin, alla rimozione di statue e di immagini di Lenin.
La denuncia fatimita della cattiva condotta della Russia può trovare certo un riscontro nella crudeltà dell’invasione russa dell’Ucraina, ma non sembra più adattarsi alla ben più grave azione di diffusione del comunismo nel mondo ad opera di un regime ateo persecutore del cristianesimo. Il Patriarca Cirillo è troppo remissivo nei confronti di Putin, per cui le parole della Madonna sembrano essere un richiamo anche per lui. Ad ogni modo, questo atto di consacrazione lo si può intendere in se stesso, a prescindere dai contenuti precisi del messaggio del 1917.
Ci chiediamo inoltre a questo punto se non converrebbe che i vescovi cattolici europei, imitando l’esempio dell’episcopato ucraino, chiedessero anche loro al Papa la consacrazione dei paesi europei occidentali e dell’Unione Europea al cuore immacolato di Maria.
Forse che la Russia sta diffondendo nel mondo un’empietà, una corruzione morale, un’apostasia dal cristianesimo, un disordine sociale, un degrado civile peggiori di quelli diffusi dall’Europa occidentale? Forse che il tradizionalismo ortodosso ignaro dello sviluppo dogmatico avvenuto dopo il 1054 è peggiore del modernismo cosiddetto «cattolico» dell’Europa occidentale? L’episcopato tedesco non avrebbe bisogno di un buon richiamo da parte della Madonna?
In base a queste considerazioni, ci chiediamo quale reazione incontrerà il prossimo atto del Papa in Cirillo e negli ortodossi russi. Essi dovrebbero indubbiamente esser grati al messaggio fatimita, che ottenne nel 1989 lo scioglimento dell’URSS e il ritorno della libertà religiosa, se non proprio una piena conversione della Russia, che la Madonna non poteva non intendere nel senso di un ingresso nella Chiesa cattolica, nella quale sola, come ricorda il Concilio Vaticano II, si trova la pienezza della verità cristiana. Tuttavia, non potrebbero gli ortodossi chiedersi se per caso anche i cattolici europei non avrebbero bisogno di una strigliatina da parte della Madonna? E perché, prima di consacrare la Russia e l’Ucraina, non consacrano se stessi?
Bella comunque è l’idea di associare nella consacrazione Ucraina e Russia, nazioni sorelle dal Medioevo, eredi di una storia comune di vita cristiana, due popoli nati da uno solo, gli Ucraini, ai quali và originariamente il nome di «Russi» (Rus), con capitale Kiev, residenza di S.Vladimiro, detto rex russorum, il quale nel 988 fece battezzare il suo popolo, come ricorda S.Giovanni Paolo II in due importanti documenti del 1988, che commemorano il millesimo anniversario del Battesimo della Rus (Russia) di Kiev.
Giovanni Paolo II ricorda con accorata nostalgia come al tempo di Vladimiro la Chiesa ucraina era ancora unita a Roma. Fu invece nel sec.XII che Kiev si staccò da Roma per seguire lo scisma costantinopolitano, seguita, poi, a sua volta, come sappiamo, da Mosca. Possa la consacrazione alla Madonna favorire una forte ripresa del dialogo ecumenico tra Roma e Mosca, ed anche all’interno dello stesso mondo ortodosso, in particolare fra il Patriarcato di Kiev e quello di Mosca, purtroppo in rotta a seguito della dichiarata autocefalìa del primo dal secondo.
Quella che noi oggi chiamiamo «Russia» è una nazione nata per scissione ecclesiastica e politica di un solo popolo originario nato nel territorio dell’attuale Ucraina. Ma il nome originario di «russo» appartiene al popolo ucraino. Similmente si dica per il modo col quale è sorto il patriarcato di Mosca. Esso deriva dalla diocesi di Kiev, in quanto, nel 1299 il metropolita Massimo trasferì la sede della metropolìadi Kiev, totalmente distrutta dai Tartari, a Vladimir, nella regione del Volga. Il successore di Massimo, Pietro, la trasferì a sua volta a Mosca. E fu così che nacque il Patriarcato di Mosca.
Successivamente Kiev fu ricostruita e si affiancò, essa pure patriarcato, a quello di Mosca, che tuttavia ebbe il titolo di metropolìa di Kiev e di tutte le Russie, assurto ad un primato su Kiev nel 1589, quando Mosca diventò indipendente dal patriarcato di Costantinopoli. Da qui vediamo quali stretti legami storico-nazionali-culturali-religiosi uniscano i due popoli ucraino e russo, nati da uno stesso popolo e da uno stesso Battesimo, per cui tanto più straziante e scandalosa ci appare questa guerra fratricida, che giustamente Papa Francesco ha chiamato «guerra fra cristiani», se è vero che Cristo ha detto che si riconoscono i suoi discepoli dall’amore reciproco col quale si amano. Ci sarebbe da chiedersi dov’è finito questo amore. (Continua)