Il tradizionalismo dopo il Vaticano II? Una risposta a don Francesco Ricossa
Aurelio Porfiri
Qualche giorno fa, ho pubblicato un articolo in cui parlavo della tradizione e che essa non è un peso. L’ho inviato a varie persone, tra cui don Francesco Ricossa, che gentilmente mi ha mandato alcune righe di risposta che vorrei commentare. Alcuni giorni fa un intervento di don Ricossa è apparso sul blog dell’amico Aldo Maria Valli, e qualcuno si è risentito per via delle posizioni teologiche di don Ricossa e del suo istituto. Don Ricossa ha tra l’altro risposto come segue: “Mettiamo comunque che il suo lettore abbia ragione e che, per motivo di scisma (non essendo in comunione con “Papa Francesco”), mi sarei escluso dalla Chiesa cattolica. In questo caso (dato e non concesso), sarei, secondo il Sacrosanto Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen Gentium, in comunione imperfetta con la Chiesa cattolica, in virtù del valido battesimo, e ancor più della valida celebrazione della Eucarestia (o il suo interlocutore non riconosce il Vaticano II?). A questi “fratelli separati”, in comunione imperfetta con la Chiesa cattolica, il suo interlocutore proibisce di poter intervenire su questioni riguardanti la teologia cattolica, e a lei di ospitare i loro scritti (senza necessariamente condividerli, d’altronde, visto che molti autori da lei pubblicati difendono altre opinioni). L’opinione del suo lettore mi sembra legata a una disciplina preconciliare, in opposizione al magistero e alla disciplina della Chiesa conciliare (o forse il lettore rigetta l’uno e l’altra?)”. Ecco, proprio riconoscendo “quello che ci unisce e non quello che ci divide”, pur sapendo che tra quello che ci divide ci sono questioni della massima importanza, voglio commentare le sue parole seguenti sulla tradizione.
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