Le rivoluzioni sono spesso l’obiettivo critico preferito di coloro che si professano tradizionalisti. Non devo ripetere troppo le frasi di Joseph de Maistre, che vedeva nella controrivoluzione non una rivoluzione al contrario, ma il contrario della rivoluzione. Eppure queste controrivoluzioni non dovvrebbero avere in sé sentimenti di odio, come pensava Nikolay Berdjaev qui citato in un articolo su alleanzacattolica.org nel 2017: “Ancora più di ieri, in questa situazione venutasi a creare dopo il 1989, è necessario fare tesoro delle parole del filosofo russo, che non riguardano soltanto la Russia dopo la fine dell’Urss nel 1991: «È impossibile costruire la vita su un sentimento negativo, su un sentimento di odio, di rabbia e di vendetta. È impossibile salvare la Russia con sentimenti negativi. La Rivoluzione ha appena avvelenato la Russia di rabbia e l’ha ubriacata di sangue. Che ne sarà della povera Russia se la controrivoluzione l’avvelenerá con nuova rabbia e l’ubriacherá con nuovo sangue? (…) Il nostro amore deve sempre avere la meglio sul nostro odio. Dobbiamo amare la Russia e il popolo russo più di quanto odiamo la Rivoluzione e i bolscevichi. (…) La Rivoluzione russa è stata scatenata da sentimenti negativi, è stata opera dell’odio. Se sentimenti negativi di uguale forza venissero diretti contro di lei, se la lotta contro la rivoluzione si trasformasse in furore, si proseguirebbe in un’opera di distruzione. (…) In realtà, il più grande problema che si pone davanti alla Russia, come davanti al mondo intero, è di trovare una via d’uscita dal cerchio sanguinoso delle rivoluzioni e delle reazioni, per accedere a un nuovo ordine sociale» (pp. 118-119)“. Certo il concetto di rivoluzione avrà un posto importante nella riflessione del tradizionalismo non solo cattolico. D’altronde le rivoluzioni sono totalitarie, come ci dice un rivoluzionario doc come Louis de Saint-Just: “Coloro che fanno una rivoluzione a metà non hanno fatto altro che scavarsi una tomba”. Lo stesso leader cinese Mao avvertiva che la rivoluzione non è un pranzo di gala. Ecco perché il tradizionalismo non può che avere il furore rivoluzionario come nemico principale. Abbiamo avuto questo nella Chiesa cattolica, pensiamo alla liturgia, alla teologia, alla disciplina. Se si vuole comprendere il tradizionalismo, esso va sempre inteso con sullo sfondo il concetto di rivoluzione, esso è una risposta ad un movimento rivoluzionario. È quindi, anche se non in modo palese, intrinsicamente controrivoluzionario e da questo concetto si dipana la sua incessante lotta.
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