Qualche giorno fa, mi è capitato di guardare su YouTube un videopodcast fatto dal canale La fucina, in cui veniva intervistato l’ex presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini. Devo dire che i due ragazzi che intervistavano Fini, erano molto misurati e preparati ed è stato interessante ascoltare i ricordi del noto politico su alcuni momenti della vita politica italiana che egli ha vissuto in prima persona.
Ricordo la mia gioventù, tempo in cui Fini era a capo prima del Movimento Sociale Italiano e poi di Alleanza Nazionale. Egli era certamente un leader carismatico e un oratore molto capace. Si veniva conquistati dalle sue capacità di ispirare le persone e sembrava destinato, dopo l’accordo fatto con Silvio Berlusconi, ad assumere prima o poi la guida del governo del nostro paese. Poi ci fu il confluire di Alleanza Nazionale nel partito unico del centrodestra e Fini nel videopodcast di cui sopra riconosce essere stato un suo grave errore di giudizio. Questo portò prima al durissimo scontro in sede congressuale con Silvio Berlusconi e poi all’avventura con un nuovo partito, Futuro e Libertà, che però nel corso di due anni (2011-2013) mostra la sua inconsistenza elettorale. Dopo di questo è stato protagonista di una vicenda giudiziaria per la celebre questione della casa di Montecarlo, vicenda che mi sembra essere ancora in corso.
Gianfranco Fini ha avuto quella che mi sembra di poter definire una strana parabola, passando da una destra postfascista ad alcune posizioni su temi come l’immigrazione, le coppie di fatto, la procreazione assistita che molto si allontavano rispetto alle tradizionali posizioni della destra conservatrice. Arrivò a definire il fascismo come “male assoluto”, lui che era stato erede di quella tradizione. Parliamoci chiaro: chi scrive è convinto che la destra potrà prosperare quando si libererà dal fardello del fascismo. Purtroppo questo non è semplice, visto che il fascismo viene ancora usato dalla sinistra come spettro da evocare specie in vista di elezioni, impedendo così un confronto sereno su un periodo storico complesso, in cui ci furono anche momenti tragici ma non solo. Ma soprattutto è una esperienza oramai consegnata alla storia, visto che nel pensiero di destra c’è molto di più che l’esperienza fascista, il cui inquadramento a destra andrebbe poi attentamente ponderato.
Un pensatore attento come Marco Tarchi, nel suo interessante libro Le tre età della Fiamma, scritto con Antonio Carioti nel 2024, parlando della svolta di Alleanza Nazionale afferma:
“Diciamo che Fini, da segretario, non si pone mai il problema di modernizzare e riqualificare il patrimonio ideale del Msi. Non si sforza di rivedere criticamente quell’eredità per trarne una formula politica applicabile nel presente, sfuggendo al dilemma tra nostalgia paralizzante e puro trasformismo. A metà degli anni Novanta si limita ad avviare una marcia di avvicinamento al potere, accantonando gli aspetti meno «digeribili» dell’ideologia originaria del Msi per sostituirli con un patchwork di elementi eterogenei, tenuti insieme dal collante del successo elettorale. Un’operazione fondamentalmente opportunistica, compiuta pagando prezzi via via più salati man mano che procede l’accreditamento di An come forza protagonista sullo scenario politico. Ma dietro non c’è una strategia: ci sono le doti del giocatore di poker, che sa distinguere quando è il momento di azzardare o di bluffare. Se si procede in questo modo, però, sono sempre in agguato le cadute di tono e di stile, tipiche di chi non ha compiuto un processo evolutivo ma solo frettolose rimozioni”.
Forse un giudizio ingeneroso, ma fa il paio con uno ancora più impietoso pronunciato da Marcello Veneziani in un articolo del giornale Il Tempo del febbraio 2017, in cui si parla della vicenda della casa di Montecarlo:
“Per chi è di destra, e magari lo è da una vita, e ha pagato un prezzo personale e professionale perché di destra, questa vicenda è imperdonabile e ingiustificabile. E fa il paio col “tradimento” politico della destra ad opera di Fini, quando si fece adottare dai media e dalla sinistra per sfasciare il centro-destra e voltare le spalle ai suoi valori. Lo scrivemmo allora e lo scriviamo oggi: non è aver “tradito” Berlusconi la cosa che ci indigna, rientra nel gioco politico e neanche il Cavaliere è uno stinco di santo, anzi. Ma l’aver tradito il suo popolo, il suo movimento, la destra, questo si, fa rabbia. E aver lasciato rottami e rotture dietro di sé, un mondo in frantumi e in rissa permanente, è l’eredità che lascia alla destra. Aver rubato quei sogni ai ragazzi di ieri e dell’altro ieri è il furto più grave che Fini ha compiuto e per il quale il suo popolo l’ha già condannato”.
Anche qui, parole molto dure. A me sembra che Gianfranco Fini sia stata una occasione mancata per la politica italiana, non solo per colpa degli altri. Dimostra come i percorsi della destra nel nostro paese preferiscono le strade tortuose e le traiettorie non lineari.