Come abbiamo visto, il vivere aristocratico sia come eredità di nobiltà sia come nobiltà di spirito non solo ai nostri tempi è necessaria, ma direi che è anche di grande urgenza. Credo che pochi tempi siano imbarbariti come quelli attuali.
Il ritorno alle maniere, anche quelle dello spirito, non può che essere auspicato da tutti.
Nell’imbarbarimento generale, come ho già detto, ha certamente contribuito una certa influenza di una cultura americana deleteria, darsi del tu e chiamarsi per primo nome anche tra sconosciuti ha contribuito a cancellare quei livelli che sono importanti per il buon funzionamento di una società. E qui, sia ben chiaro, non stiamo parlando di superiore o inferiore, ci mancherebbe altro, ma semplicemente di dare a Cesare quello che è di Cesare.
Se qualcuno presumesse una mia snobberia, vorrei chiarire e ricordare due punti. Io vengo da una famiglia del popolo e sono felice di questo fatto. Poi ho dedicato scritti a ricordare la bellezza e la nobiltà in certa civiltà contadina, ho trovato più garbo e gentilezza in tanti contadini che in certe persone più o meno istruite.
Dobbiamo tornare alla civiltà del buon gusto e dell’educazione, dobbiamo rifiutare la civiltà del cattivo gusto e della volgarità anche promossa dalle televisioni commerciali con riferimento speciale a quelle di un noto imprenditore con cui la destra pretende trovare la quadratura del cerchio.
Dobbiamo coltivarci riprendendo quanto diceva Confucio. La volgarità non serve a nessuno ma purtroppo accomuna molti. Dobbiamo ritornare soprattutto alle aristocrazie spirituali, in un tempo in cui c’è una crisi catastrofica della fede. Dobbiamo coltivare la bellezza, perché solo in questo modo essa ci coltiverà.