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Modernismo/Ancora sul post teismo (18)

Modernismo/Ancora sul post teismo (18)

Aurelio Porfiri

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Aurelio Porfiri
mag 17, 2025
∙ A pagamento
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Modernismo/Ancora sul post teismo (18)
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Ho parlato non troppo tempo fa sul tema del post teismo, un atteggiamento (post) teologico che deve farci riflettere perché, in realtà, dobbiamo riconoscere che è l’esito più onesto del modernismo, è l’estrinsecazione di un processo ben avviato da molti decenni (altro che il Vaticano II!) e che mostra ora le sue propaggini estreme ma non definitive, perché l’esito finale è il dissolvimento dell’idea stessa di Dio e la sua “reincarnazione” in divinità immanenti ed afferenti all’umano più che al soprannaturale. Più che Dio e il mondo, sarà Dio è il mondo.

Questo dibattito ovviamente sfrutta le possibilità della rete e possiamo riferirci ad un incontro avvenuto qualche anno fa su Zoom (come ci informava puntualmente l’agenzia di stampa Adista) in cui un gruppo di teologi e cristiani di area progressista hanno riflettuto proprio su questo tema. Un documento, un testo base, a firma di José Arregi, José Maria Vigil, Santiago Villamayor, Tony Brun e Gerardo González dava il tono all’incontro dal titolo Un altro Dio e un altro cristianesimo sono possibili. Credo che già il titolo dica molto, se non tutto, ma sarà utile citare parti del testo e commentarle nella traduzione fornita da Adista.

Il testo esordisce così:

“Molti/e cristiani/e sono oggi a disagio con i contenuti della loro fede. Sentono di richiamarsi a una cosmovisione pre-moderna ormai superata, verso cui provano una crescente disaffezione. Anche in altre tradizioni religiose o umaniste e in generale nella cultura di molti Paesi si produce un fenomeno simile. E così ci troviamo di fronte a un'umanità smarrita in transito verso nuove interpretazioni della realtà e un'unitaria speranza planetaria, post-secolare e post-teista. Tale smarrimento si deve in primo luogo ai nuovi modelli epistemologici, pluralisti e relativisti che mettono in discussione l'esistenza di una verità assoluta; ammettono molteplici linguaggi e procedimenti, che siano empirici, inclusivi o simbolici, ma in ogni caso dialogici e autocritici; sono distanti dal dogmatismo e dalla soggettività derivati dall'autorità e da presunte rivelazioni”.

Già l’inizio compendia bene quello che questo documento intende dire, preannuncia quello che già in realtà viviamo, la convergenza verso una religione mondialistica a base umanitaria emanazione della sottomissione ai paradigmi ermeneutici della realtà dettati dalla scienza che è per natura provvisoria. Ovviamente il nemico è il dogmatismo, la verità assoluta, il definitivo.

Ecco allora le conseguenze:

“Le religioni sono costruzioni sociali e così come sono state costruite si possono decostruire. Non sono creazioni eterne e inamovibili di un Dio ente supremo ed esterno al mondo. E così, in relazione al cristianesimo, ci sembra che la Bibbia non sia più il principio e fondamento della storia, la narrazione per antonomasia, tanto meno esclusiva. Il Mistero della Salvezza è una grande metafora e la Storia Sacra un racconto particolare contraddetto dalla scienza. La Rivelazione come verità primaria e superiore non è sostenibile. Non c'è un Dio precedente e separato dal mondo né uno spirito puro al di fuori della realtà creatrice, né un Figlio di Dio venuto a redimerci dalla morte e dal male, frutti di un peccato ereditario”.

Ma allora il Cristianesimo? Niente paura, c’è una risposta anche per questo:

“Un altro cristianesimo è possibile e necessario. Si deve liberare la divinità dalla sua identificazione con un Ente Supremo dominante, Gesù dalla sua sacralizzazione come unigenito Figlio di Dio, incarnato in un ebreo della specie Homo Sapiens, e la Chiesa dal sistema cognitivo obsoleto che la tiene prigioniera e dalla sua struttura gerarchica derivata in gran parte dall'immagine di un Dio unico e onnipotente. È necessario convergere in una pratica laica di liberazione centrata sui diritti umani e la giustizia ecologica e ispirata a Gesù di Nazaret ed eventualmente ad altri cammini profetici e spirituali. Costruire un racconto universale che, partendo da modelli scientifici come la teoria della Grande Storia, incorpori l'ispirazione e lo spirito delle metafore e dei simboli religiosi; un racconto che sia al tempo stesso universale, particolare e provvisorio”.

Guardate che tutto questo è di estrema interessante perché questi (a-)teologi dicono chiaramente quello che altri (altrettanto a-)teologi tramano nell’ombra.

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