Negli ultimi decenni la musica sacra Cattolica ha conosciuto una crisi profonda. Certo nella Chiesa ci sono altri elementi di preoccupazione ma la crisi della liturgia e della musica sacra non sono di certo secondarie, anzi esse rappresentano un aspetto molto importante di questa crisi.
Attraverso liturgia e musica noi diamo gloria a Dio, esse ci dicono come noi ci rapportiamo al Creatore e a giudicare da quello che vediamo nelle nostre chiese c’è da pensare che Dio viene considerato molto poco. È vero che Dio si è fatto uomo ma non per questo deve essere considerato un uomo banale. La sua incarnazione innalza l’uomo, non abbassa Dio.
La musica sacra Cattolica ha perso il suo legame fondamentale con la tradizione, una tradizione che forniva dei modelli importanti come quelli del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale. Modelli non da imitare pedissequamente, ma da prendere ad esempio in modo che il nuovo sgorgasse come gli affluenti da un grande fiume, che espandono il percorso del fiume pur rimanendo a lui vitalmente ancorati.
La tradizione sarà anche vivente, ma non è anarchica. La tradizione va ascoltata e conosciuta, non deve essere considerata un impedimento alla crescita, anzi essa è la ragione perché si possa crescere nella verità e non nelle smanie di novità.
Il crollo della liturgia e della musica sacra cattoliche ci ha impoverito enormemente e non ha certamente provocato quel ritorno dei fedeli nelle chiese che ci si aspettava. Alcuni si chiedono come mai non ci siano più persone che partecipano alla Messa tradizionale, ma la risposta è semplice: cosa ci si aspetta da una generazione completamente diseducata alla liturgia e alla musica sacra? Non è certamente colpa dei fedeli, ma è colpa di coloro che hanno fatto entrare i lupi all’interno del loro gregge.