Riprendiamo parte di una conferenza dal nome “Una fiamma di fede e coraggio” pubblicata sulla rivista Tradizione, famiglia, proprietà (marzo 2008).
Contemplando le rovine della Cristianità Plinio Corrêa de Oliveira conobbe e amò profondamente la Chiesa e decise di servirla. Dal suo amore per la Chiesa nacque la decisione di difendere la Civiltà cristiana, combattendo a viso aperto contro i suoi nemici. “La combattività cristiana — scrisse — ha significato unico di legittima difesa. Non c’è per essa altra possibilità di legittimità. È sempre l’amore per una cosa offesa, che spinge il cristiano alla lotta. Ogni lotta è tanto più vigorosa quanto più elevato è l’amore con cui si combatte. Per ciò stesso, nel cattolico non c’è maggior combattività di quella con cui egli lotta in difesa della Chiesa, oltraggiata, negata, calpestata”.
Così era accaduto per le crociate che furono imprese difensive, non aggressive, nate dall’amore verso la Chiesa e la Civiltà cristiana. La Cristianità medievale visse sempre in guerra di legittima difesa contro i barbari che incalzavano l’Europa a nord e a est, e contro i musulmani che la aggredivano a sud. Se gli uni e gli altri non avessero violato le sue frontiere, se avessero permesso l’opera di evangelizzazione dei missionari, se avessero rispettato i Luoghi Santi, non vi sarebbero state le crociate.
Un nuovo nemico minacciava ora la Civiltà cristiana: un processo distruttivo che affondava le sue radici nell’umanesimo rinascimentale e che si era sviluppato attraverso le tappe storiche del Protestantesimo, della Rivolu-zione francese e del comunismo. Plinio Corrêa de Oliveira ingaggiò una guerra mortale contro la Rivoluzione anticristiana che, dopo la Prima guerra mondiale, prendeva la forma dei due “fratelli nemici”: il comunismo e il nazionalsocialismo.
La voce Cristianità, che giungeva dolente dal passato, risuonò profondamente nel cuore del giovane studente di Diritto dell’Università di San Paolo, del giovane Presidente dell’Azione Cattolica paulista, del giovane deputato all’Assemblea Costi-tuente, del giovane direttore del Legionario. Plinio Corrêa de Oliveira voltò le spalle al suo futuro e “di quel passato carico di benedizioni” fece il suo avvenire.
In che senso il suo avvenire può essere equiparato a quello di un crociato? In fondo, si potrebbe obiettare, nessuna crociata fu bandita dai Papi nel XX secolo e Plinio Corrêa de Oliveira lottò, ma non impugnò mai le armi. Usò la penna, la parola, l’esempio, più simile, sotto certi aspetti, a un grande apologeta, a un grande controversista, a un dottore della Chiesa, piuttosto che a un crociato.
La risposta a questa obiezione è semplice. Sant’Agostino afferma che martyres non facit poena, sed causa. Questa sentenza significa che ciò che rende il martire tale non è la morte violenta, la sofferenza subita, ma la ragione ultima della sofferenza e della morte: il fatto che la morte sia inflitta in odio alla verità cristiana. I martiri furono tali non per le loro sofferenze, ma perché offrirono la loro vita per la Chiesa. Analogamente si potrebbe dire che ciò che rende la crociata tale non è l’uso delle armi, non è la sofferenza della lotta armata, ma il fine stesso dell’impresa: il servizio della Civiltà cristiana e, attraverso essa, della Chiesa. La lotta del crociato è direttamente orientata alla difesa della Civiltà cristiana, così come la sofferenza del martire è direttamente orientata a testimoniare la verità della Chiesa.
Nessuno, meglio di Plinio Corrêa de Oliveira, comprese, nel secolo XX, il nesso intimo e profondo che lega la Civiltà cristiana alla Chiesa. Egli comprese che la Rivoluzione è un processo che, attraverso la distruzione dell’ordine temporale cristiano, mira a colpire a morte la Chiesa “Corpo Mistico di Cristo, maestra infallibile della Verità, tutrice della legge naturale e, in questo modo, fondamento ultimo dello stesso ordine temporale”. La Rivoluzione mira a impedire alla Chiesa la sua missione di salvezza delle anime che essa esercita non solo nel suo potere spirituale diretto, ma anche nel suo potere temporale indiretto. La Contro-Rivoluzione che sorge in difesa della Chiesa “non è destinata a salvare la Sposa di Cristo” che “non ha bisogno degli uomini per sopravvivere. Al contrario, è la Chiesa a dare vita alla Contro-Rivoluzione, che, senza di essa, non sarebbe attuabile e neppure concepibile”.
La Chiesa è l’anima della Contro-Rivoluzione
La Chiesa è dunque una forza fondamentalmente contro-rivoluzionaria, ma non si identifica con la Contro-Rivoluzione: la sua vera forza sta nell’essere il Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo. Nondimeno, l’ambito della Contro-Rivoluzione oltrepassa, in un certo senso, quello ecclesiale, perché comporta una riorganizzazione di tutta la società temporale dalle fondamenta. “Se la Rivoluzione è il disordine — afferma il pensatore brasiliano — la Contro-Rivoluzione è la restaurazione dell’Ordine. E per Ordine intendiamo la pace di Cristo nel Regno di Cristo. Ossia, la Civiltà cristiana, austera e gerarchica e, nei suoi fondamenti, sacrale, antiugualitaria e antiliberale”.
Chi combatte, dice S. Agostino, non combatte per la guerra, combatte per la pace, e la pace di chi combatte per Cristo è la pace di Cristo, realizzata da una società integralmente cristiana. Questa meta è espressa dal ideale della Regalità sociale di Gesù Cristo, il cui Regno non è di questo mondo (Gv, 18, 36), ma a questo mondo si estende, e in questo mondo inizia a realizzarsi, perché solo a Cristo è stata data ogni potestà in cielo e in terra (Mt, 18, 28).
Combattere per la Civiltà cristiana significa combattere per l’instaurazione di tutte le cose in Cristo (Ef. 1, 10). Restaurare in Cristo, secondo le parole di san Pio X, “non solo ciò che appartiene alla divina missione della Chiesa di condurre le anime a Dio, ma anche ciò che (…) da quella divina missione spontaneamente deriva: la civiltà cristiana nel complesso di tutti e singoli gli elementi che la costituiscono”.
Ciò che fa il crociato tale è il fine, non i mezzi della lotta. Non è l’uso delle armi, ma il proposito di combattere per il Regno di Cristo a formare un cuore crociato. Plinio Corrêa de Oliveira fu il crociato del secolo XX, perché tutta la sua vita fu spesa in difesa della Civiltà cristiana. Fu questa la sua specificità, la sua essenza, la causa della sua santità, perché fu in questo servizio che le sue virtù brillarono con particolare eroismo.
Il beato Urbano II non combatté in prima persona davanti alle mura di Gerusalemme, ma bandì e infuse lo spirito di quella Prima crociata che fu il modello di imprese analoghe e successive. San Bernardo di Chiaravalle non impugnò la spada, ma trasmise ai templari, prima che la Regola di un Ordine, lo spirito degli ordini religiosi e militari che sarebbero fioriti nella Cristianità. Plinio Corrêa de Oliveira non difese con le armi la Civiltà cristiana, ma infuse lo spirito di lotta a tutti coloro che avrebbero dovuto difenderla, anche dopo la sua morte.
Egli stesso nel maggio del 1944 tracciò, su Il Legionario, un primo bilancio della sua vita, che appare quasi come il testamento, ma anche il programma di una crociata:
“Innanzitutto, abbiamo sempre amato il Romano Pontefice. Non c’è stata una parola del Papa che non sia stata da noi pubblicata, spiegata, difesa. Non c’è stato un interesse della Santa Sede che non abbiamo rivendicato col massimo ardore di cui una creatura umana sia capace. Nelle nostre parole, grazie a Dio, non c’è stato nessun concetto, nessuna sfumatura, che discordasse dal Magistero di Pietro anche solo in una virgola, in una riga. Siamo stati su tutte le linee gli uomini della Gerarchia, le cui prerogative abbiamo difeso con strenuo ardore, contro quelle dottrine che pretendono di sottrarre all’Episcopato e al Clero la direzione del laicato cattolico.
“Non c’è stato equivoco, confusione o tempesta che sia al riguardo riuscita a lasciare la più lieve macchia sul nostro stendardo. Abbiamo difeso a tutto campo lo spirito di selezione, di formazione interiore, di mortificazione e di rottura con le vergogne del secolo. Abbiamo lottato per la dottrina della Chiesa contro i torvi eccessi del nazionalismo statolatrico che ha dominato l’Europa, contro il nazismo e il fascismo in tutte le sue varianti, contro il liberalismo, il socialismo, il comunismo e la famigerata ‘politique de la main tendue’. Non si è levato nessuno contro la Chiesa, in nessuna parte del mondo, che non sia stato contestato dal Legionário.
“Contemporanemente, non abbiamo mai perso di vista il dovere di alimentare in ogni modo le devozione alla Madonna e al Santissimo Sacramento. Non c’è stata una sola iniziativa genuinamente cattolica che non abbia avuto tutto il nostro entusiastico appoggio. Alla nostra porta non ha bussato nessuno, che avesse in mira solo la maggior gloria di Dio, senza trovare un’ospitalità in colonne amiche e accoglienti. In questa vita, c’è una buona battaglia da combattere. Ora siamo sfiniti, sanguinanti in tutte le membra. Usciamo da questo combattimento estenuati, feriti. In compenso, non osiamo chiedere altro, come premio, che il perdono di tutto quanto inevitabilmente c’è stato di fallibile e di umano in questa opera che dovrebbe essere tutta per Dio, diretta a Dio solo”.
Fu in perfetta coerenza con questo spirito che, nel gennaio del 1951, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira aprì il primo numero di Catolicismo con un articolo non firmato, “La crociata del secolo XX”, destinato a divenire un autentico manifesto della Contro-Rivoluzione cattolica. Bisogna rileggere quelle pagine con attenzione, meditandole, come si leggono quei testi ispirati dalla Grazia, che non perdono la loro attualità nel corso del tempo.
“È questa la nostra finalità, il nostro grande ideale. Avan-ziamo verso la Civiltà cattolica che potrà nascere dalle rovine del mondo moderno, come dalle rovine del mondo romano è nata la civiltà medioevale. Avanziamo verso la conquista di questo ideale con il coraggio, la perseveranza, la decisione di affrontare e vincere tutti gli ostacoli, con cui i crociati marciavano verso Gerusalemme”.
Queste parole esprimono innanzitutto una teologia e una filosofia della storia. Quando Plinio Corrêa de Oliveira scrive, all’indomani della Seconda Guerra mondiale, il mito dominante è ancora quello del progresso. L’idea di progresso dopo aver costituito l’anima delle principali correnti del pensiero europeo dell’Ottocento — dal liberalismo al socialismo — era penetrata all’interno della Chiesa con il modernismo, le cui idee fermentavano sordamente sotto il pontificato di Pio XII. Dopo la sua morte, il pensiero cattolico sarebbe stato dominato dalle tesi progressiste di Jacques Maritain. Nel suo libro «Umanesimo integrale», apparso nel 1936, il filosofo francese affermava la sua fede nella irreversibilità del mondo moderno e del ruolo storico che in esso avrebbe giocato il marxismo. In quegli stessi anni Plinio Corrêa de Oliveira prevedeva il sorgere di una “Quarta Rivoluzione”, il crollo del mondo moderno e la fine del comunismo, o meglio la sua metamorfosi, il passaggio dall’ipertrofia dello Stato alla dissoluzione dello Stato, dallo Stato comunista al comunismo senza Stato, dall’utopia del progresso al regno del caos.
Sulle rovine del mondo moderno sarebbe sorta la Civiltà Cristiana del XXI secolo: “Avanziamo verso la conquista di questo ideale con il coraggio, la perseveranza, la decisione di affrontare e vincere tutti gli ostacoli, con cui i crociati marciavano verso Gerusalemme”. Con parole analoghe, nel suo ultimo libro, Plinio Corrêa de Oliveira rivolge ai nobili e alle élites tradizionali, un appello estremo alla crociata.
“Se il nobile del secolo XX si mantenesse consapevole di questa missione — egli scrive — e se, animato dalla fede e dal amore per la vera tradizione, facesse di tutto per esserne all’altezza, otterebbe una vittoria di grandezza non minore di quella conseguita dai suoi antenati, quando contennero i barbari, respinsero l’Islam oltre il Mediterraneo, e sotto il comando di Goffredo di Buglione abbatterono le mura di Gerusalemme”.
Anche queste parole vanno meditate. In esse ritroviamo lo spirito di tutti i combattenti cristiani che, a partire da Saxa Rubra, nel corso dei secoli non hanno arretrato di fronte al nemico: hanno riposto tutta la propria fiducia in Dio, hanno combattuto e hanno vinto.