Io, come tanti, sono cresciuto in una famiglia semplice, del popolo, cosa di cui sono sommamente lieto. Mia madre, che era sinceramente devota, mi portava in parrocchia, in una delle bellissime chiese che abbiamo a Roma.
Il tempo della mia adolescenza è quello degli anni ‘80, ci troviamo in pieno pontificato di Giovanni Paolo II e anche in quel periodo che non sembra mai aver termine e che noi chiamiamo “postconcilio”. E io me lo sono beccato tutto questo periodo, compresa la musica scellerata che si cantava alla Messa e che per me, a quel tempo ignorante, era in effetti la musica che si doveva cantare. Non era bella o brutta, mi fidavo di coloro che la proponevano. Eppure quando fissavo la mia mente nella bellezza di quelle chiese, mi sembrava ci fosse qualcosa che mancasse. Pure tutti quei discorsi di buoni sentimenti o meglio buonisti, che sentivo al catechismo mi si rimponevano quando li paragonavo alla perfezione delle linee architettoniche, alla raffinatezza dei dipinti, alla solennità delle iscrizioni su pietra. Poi un giorno cambiò tutto.
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