Il 20 gennaio di 30 anni fa moriva Louis Salleron (1905-1992), noto autore e giornalista francese, che ha conosciuto una certa popolarità anche nel mondo tradizionalista italiano per certi suoi testi sulla liturgia come La sovversione della liturgia, pubblicato nel 1968 dalle benemerite edizioni Volpe.
Louis Salleron fu abbastanza conosciuto per le sue battaglie in campo sociale e ha pubblicato numerosi studi che cercano di trovare una via di mezzo tra liberalismo e socialismo.
Per la liturgia riprendo parte del suo libro (riprodotta in chiesaepostconcilio.blogspot.com): “Figuriamoci la soppressione totale del Latino! In venti anni il cattolicesimo sarebbe disarticolato. Ogni paese avrebbe i suoi propri riti e presto la sua propria fede, perché, quanto l'unità di lingua più non fissa, verrebbe a frazionarsi in ogni direzione. Roma non potrebbe più comunicare con i Vescovi e le Parrocchie perché sarebbe costretta a ricorrere soltanto a traduzioni, il cui senso varierebbe da un paese all'altro. Così pure le « Chiese nazionali » affermerebbero di più in più la loro indipendenza. Se anche il Latino fosse conservato come lingua ufficiale — necessariamente, qual altra lingua « viva » si sceglierebbe? — non vi sarebbero più che gli specialisti a studiarlo. Nei seminari lo si insegnerebbe solo vagamente — a che scopo, quando dopo, nella vita, non servirebbe mai più? La distanza allora fra i preti che lo sapessero e coloro che l'ignorassero menerebbe alla creazione di due generi di clero che riuscirebbe praticamente impossibile mettere d'accordo. Non parliamo poi della teologia e della filosofia tradizionale; esse sparirebbero insieme con il Latino che fa corpo con esse”. Questa profezia del 1967 sembrerebbe tristemente avveratisi a più di 50 anni di distanza. Quello che dovremmo domandarci è che cosa ci ha portato questo abbandono del latino, se veramente ha contribuito qualitativamente al bene dei fedeli. Se così è stato, questi non se ne sono accorti, in quanto hanno disertato e sempre più disertano la liturgia.