Noi viviamo in una civiltà della scrittura, siamo legati allo scrivere e al leggere. Non possiamo però dimenticare che le civiltà dei tempi passati vivevano in una cultura orale. Il,sapere veniva tramandato senza che esso fosse scritto. Del resto anche la tradizione dovrebbe essere una sapienza che si tramanda oralmente, in qualche modo diversa dalla scrittura. Nel cattolicesimo la Tradizione e la Scrittura sono le due fonti della rivelazione ed è in fondo la Tradizione che ci ha consegnato la Scrittura, non il contrario. Nella Dei Verbum del 1965 viene detto: “Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta intera la Rivelazione di Dio altissimo, ordinò agli apostoli che l'Evangelo, prima promesso per mezzo dei profeti e da lui adempiuto e promulgato di persona venisse da loro predicato a tutti come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale, comunicando così ad essi i doni divini. Ciò venne fedelmente eseguito, tanto dagli apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca del Cristo vivendo con lui e guardandolo agire, sia ciò che avevano imparato dai suggerimenti dello spirito Santo, quanto da quegli apostoli e da uomini a loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero per scritto il messaggio della salvezza. Gli apostoli poi, affinché l'Evangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, ad essi « affidando il loro proprio posto di maestri ». Questa sacra Tradizione e la Scrittura sacra dell'uno e dell'altro Testamento sono dunque come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia, com'egli è (cfr. 1 Gv 3,2). Pertanto la predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva esser conservata con una successione ininterrotta fino alla fine dei tempi. Gli apostoli perciò, trasmettendo ciò che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i fedeli ad attenersi alle tradizioni che avevano appreso sia a voce che per iscritto (cfr. 2 Ts 2,15), e di combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una volta per sempre. Ciò che fu trasmesso dagli apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all'incremento della fede; così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede”. È chiara la distinzione ma anche l’unione di Tradizione e Scrittura e anche la connessione fra oralità e scrittura. San Paolo, nella seconda lettera ai Tessalonicesi (2, 15) dice: “Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera”. È chiaro che il sola scriptura non esaurisce la rivelazione.
Parlando di musica, il musicologo Jacques Viret dice: “Lo “spirito tradizionale” appartiene all’oralità. La sua espressione musicale è la modalità; in occidente, i modi gregoriani (o “antichi”, “ecclesiastici”). La tonalità classica, o sistema tonale, ne deriva, ma se ne distingue radicalmente. Essa si appoggia sulla scrittura: dal XII secolo la musica colta dell’occidente, attraverso la notazione, si è razionalizzata. essa ha intrattenuto, nel corso dei secoli, rapporti complessi e mutevoli con la tradizione”. Mi sembra una considerazione molto interessante anche in rapporto con un discorso generale sulla oralità. Lo studioso Walter J. Ong in Orality and Literacy fa questa importante affermazione: “Sebbene le parole siano radicate nel discorso orale, la scrittura le blocca tirannicamente in un campo visivo per sempre”. Insomma, questa dinamica fra scrittura e oralità e il modo in cui esse si intersecano con la Tradizione è un tema importante che andrebbe sempre di più approfondito.