La civiltà cristiana, dunque, è stata caratterizzata, tra l’altro, da un ricupero della tradizione nel diritto propria della cultura e della storia dell’Occidente classico(le prassi, naturalmente, sono state purtroppo altra cosa: Creonte c’era). Cioè, ripeto, ha operato un sostanziale ritorno all’origine tradizionale – non scritta, non opera positiva dell’uomo, men che meno del potente in quanto tale – dei princìpi che presiedono ad ogni costituzione e ordinamento giuridico degni della persona, nonché al ruolo di essa tradizione anche nell’individuazione più concreta del giusto e dell’ingiusto. E ciò perché la cultura cristiana – l’elaborazione di categorie critiche,per interpretare la vita e il reale, conseguenti alla fede e con essa coerenti – è intrinsecamente filosofica.
La domanda del filosofo (l’amante della sapienza, non il «filo-dosso», l’adora-tore dell’opinione), infatti, è sempre «metà tà fysikà?», che cosa c’è oltre la realtà sensibile? «La caratterizzazione più sicura della tradizione filosofica europea è che essa consiste in una serie di note a pie’ di pagina a Platone (428/427 o 424/423-348/347 a.C.)» (Alfred North Whitehead [1861-1947], Process and reality, Macmillan, New York 1941, p. 63, cit. in Giovanni Reale [1931-2014], La filosofia di Seneca come terapia dei mali dell’anima, saggio introduttivo a Lucio Anneo Seneca[4/1 a.C.-65 d.C.], Tutti gli scritti in prosa. Dialoghi, trattati e lettere, Rusconi, Milano 1994, p. CLVII); «Senza la prospettiva aperta da Platone, la storia europea avrebbe tutto un altro aspetto» (Jan Patočka [1907-1977], Platone e l’Europa, Vita e Pensiero, Milano 1997, p. 209, cit. in G. Reale, Radici culturali e spirituali dell’Europa. Per una rinascita dell’«uomo europeo», Raffaello Cortina Editore, Milano 2003, p. 46); «Il mondo moderno è una sollevazione contro Platone» (Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito, Adelphi, Milano 2001, p. 155). Ai fini del mio discorso, l’importanza di Platone, e quindi delle citazioni che precedono, è nel fatto che «Con Platone nasce la prima razionale prospettazione e dimostrazione dell’esistenza di una realtà soprasensibile e trascendente, di un essere metasensibile e, di conseguenza, con Platone nasce quella che potremmo chiamare la “Magna Charta” della metafisica occidentale» (G. Reale, Radici culturali e spirituali dell’Europa., cit., p. 45). Interessa, insomma, il Platone (e naturalmente il suo gemello diverso, Aristotele [384 o 383-322 a.C.]) che insegna ad andare oltre l’apparenza sensibile per cogliere la sostanza, l’essere, della realtà, che così acquista consistenza: non è solo ciò che muta, non è solo ciò che passa, non è solo ciò che muore. E sia detto per inciso: è questo modo di avvicinare la realtà che, se coerentemente sviluppato, consente, anzi esige, di dire tradizione. E poi di dire quella che oggi definiamo scienza, e non solo nel senso delle cosiddette «scienze dure»: anche quella giuridica e quella politica sono scienza.
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