Gli articoli che questi giorni si susseguono riguardo la situazione della FSSPX sono veramente utili per capire una cosa importante: la profondità della crisi che viviamo. A mio avviso il tradizionalismo cattolico (nome che, ho già detto, trovo problematico) è una reazione ad uno stato d’emergenza, ma da alcune reazioni che ho potuto leggere al mio precedente scritto, sembra che per alcuni essere nella Chiesa cattolica si traduce nell’essere nella FSSPX o gruppi simili. No, la Chiesa cattolica non si identifica esclusivamente con questo o quel gruppo, ma accoglie coloro che con cuore puro e sincero cercano la via della salvezza.
Se le persone che fanno di gruppi particolari l’unica via di salvezza conoscessero un po’ di storia, saprebbero che l’intenzione di mons. Lefebvre, ad esempio, non era certamente di costruire una Chiesa parallela. Nel momento di massima tensione con Paolo VI fu rimproverato dal Pontefice di volersi ergere quasi a sostituto del Papa e lui disse chiaramente che non era questa la sua intenzione. Intendeva offrire un’esperienza della Tradizione a coloro che erano confusi dalle derive dottrinali nella Chiesa, sperando in un ritorno della stessa alla sua ragione d’essere. Per questo ho affermato che il tradizionalismo è un momento di passaggio, non la meta finale. La meta finale è che la Chiesa ritrovi veramente sé stessa. La vera questione è questa, non altre.
Ecco perché la questione per me è in fondo semplice, pur se le conseguenze sono colossali: la Chiesa possiede la verità tutta intera per mandato divino. Se si vuole essere cattolici bisogna credere in questo. Romano Amerio ci dice qalcosa che andrebbe sempre meditata: “E qui conviene formulare la legge stessa della conservazione storica della Chiesa, legge che è insieme il criterio supremo della sua apologetica. La Chiesa è fondata sul Verbo incarnato, cioè su una verità divina rivelata. Certo le sono date anche le energie sufficienti a pareggiare la propria vita a quella verità: che la virtù sia possibile in ogni momento è un dogma di fede. La Chiesa però non va perduta nel caso che non pareggiasse la verità, ma nel caso che perdesse la verità. La Chiesa peregrinante è da sé stessa, per così dire, condannata alla defezione pratica e alla penitenza: oggi la si dice in atto di continua conversione. Ma essa si perde non quando le umane infermità la mettono in contraddizione (questa contraddizione è inerente allo stato peregrinale), ma solo quando la corruzione pratica si alza tanto da intaccare il dogma e da formulare in proposizioni teoretiche le depravazioni che si trovano nella vita”. Ecco, in questo passaggio c’è in fondo tutto il dramma di cui i tradizionalismi sono un sintomo, non necessariamente una soluzione. Essi sono la denuncia di una crisi ma non la soluzione definitiva. Nella mentalità di alcuni c’è il rischio di ricavarsi la proprio Chiesa personale per sfuggire all’horror vacui della Chiesa attuale. Da quello che ho compreso, non mi sembra questo quello che la FSSPX vuole. Essa parla di “stato di necessità”, che così spiega: “Vuol dire precisamente che il fedele cattolico, membro della Chiesa, pur avendo diritto a ricevere da essa l’insegnamento della Fede e i sacramenti, non può più farlo nel contesto abituale delle parrocchie e in generale nel contesto ecclesiale post-conciliare poiché quest’ultimo è viziato dall’errore dottrinale e dalle cattive riforme liturgiche che non gli permettono l’accesso ai sacramenti tradizionali. E, ciò che conta, questa situazione è purtroppo avallata dalla gerarchia e dallo stesso pontefice regnante, oggi nel 2023 come durante questi sessant’anni dal Concilio, senza alcuna, fosse pur breve, interruzione. La salvezza eterna del fedele cattolico, privato dell’insegnamento della Fede e dal nutrimento dei veri sacramenti, è in pericolo; questa crisi, lo ripetiamo, non è deplorata dall’autorità papale (come lo era all’epoca della crisi ariana o quella protestante) ma incoraggiata da essa: è una crisi dell’autorità stessa. Il corto-circuito delle fallaci argomentazioni dei conservatori sta precisamente in ciò: si invoca un’obbedienza al Papa, garante della Fede, il legame al quale è essenziale per l’appartenenza alla Chiesa (e questo è sacrosanto), dimenticando però che il modernismo professato apertamente vizia l’uso stesso dell’autorità papale e in generale della gerarchia, che, pur conservando sempre tale autorità, rifiuta di usare per il fine per il quale è stata istituita: la salvezza delle anime” (fsspx.news). Io credo il vulnus sia proprio in questo aspetto, nell’indicare il dito (la FSSPX) ma perdere di vista la luna (la crisi della Chiesa). Perché lo stato di necessità o come si vuole chiamare, certamente esiste.
Sia detto con chiarezza che La Nuova Bussola Quotidiana (con cui collaboro con piacere da anni) si è sempre distinta per una critica serrata verso le deviazioni nella Chiesa. È un riferimento per molti, quindi dispiace che alcuni lettori si siano sentiti traditi dagli articoli sulla FSSPX. Io penso che il problema qui non è la FSSPX, come ho detto, ma lo smarrimento enorme in cui si trovano tanti fedeli che si sentono esuli nella loro stessa patria.