Facendo una sintesi di tutta la questione tradizionalista, possiamo notare come esistono problemi che non sono di facile soluzione e quindi il braccio di ferro tra Vaticano e una parte del cattolicesimo è destinato a rimanere irrisolto per il tempo a venire.
Se si pensa che la soluzione è combattere il tradizionalismo a colpi di documenti, si ha certamente una vista corta, in quanto come abbiamo visto, non solo le tendenze incarnate dl tradizionalismo comunque riappaiono, ma si rischia anche di contribuire alla sua crescita senza neanche il beneficio della possibilità di un rapporto diretto di una fazione che comunque annovera una minoranza non trascurabile del cattolicesimo e soprattutto questo è importante se si riflette sul panorama intellettuale.
In effetti, gravitano intorno al mondo tradizionalista intellettuali cattolici di tutto rispetto che rappresentano il sentire di tante persone che magari al presente non si schierano, ma che se forzate potrebbero farlo. Io credo che la gerarchia cattolica ha ben presente come abbia certamente una presa minore sulle persone di quello che aveva decenni fa. Questo non si manifesta soltanto nella partecipazione ai Sacramenti, ma anche nell’adesione a certe dottrine e discipline che oggi sono in gran parte ignorate.
Si è creduto che una risposta a questa situazione sarebbe venuta dal Vaticano II ed è certamente uno dei problemi, e non solo con il mondo cattolico tradizionale, che il Vaticano insista ciecamente con quella cura, senza volerne vedere gli effetti collaterali.
Come, ad esempio, rimanere indifferenti di fronte allo scempio perpetrato ai danni della liturgia? Il mondo tradizionalista si è nutrito di questa carenza, è fatto di persone che reagiscono ad un problema evidente agli occhi di tutti.
Cito spesso una frase di Romano Amerio dal suo capolavoro Iota unum, una frase che a mio avviso ben sintetizza la questione odierna: “E qui conviene formulare la legge stessa della conservazione storica della Chiesa, legge che è insieme il criterio supremo della sua apologetica. La Chiesa è fondata sul Verbo incarnato, cioè su una verità divina rivelata. Certo le sono date anche le energie sufficienti a pareggiare la propria vita a quella verità: che la virtù sia possibile in ogni momento è un dogma di fede. La Chiesa però non va perduta nel caso che non pareggiasse la verità, ma nel caso che perdesse la verità. La Chiesa peregrinante è da sé stessa, per così dire, condannata alla defezione pratica e alla penitenza: oggi la si dice in atto di continua conversione. Ma essa si perde non quando le umane infermità la mettono in contraddizione (questa contraddizione è inerente allo stato peregrinale), ma solo quando la corruzione pratica si alza tanto da intaccare il dogma e da formulare in proposizioni teoretiche le depravazioni che si trovano nella vita”. Chi aderisce al tradizionalismo non lo fa perché pensa che la Chiesa dovrebbe essere senza peccatori, sarebbe una pretesa impossibile. Ma lo fa proprio perché percepisce che si sta perdendo quanto di più prezioso bisognerebbe conservare. Ecco perché il mondo tradizionale non va combattuto ma compreso, perché rappresentano il sintomo di una malattia nella Chiesa che se non affrontata avrà conseguenze tremende. (Fine)
Immagino che la marginalizzazione sarà un processo che non terminerà presto, anzi credo che andrà avanti qualche decennio, salvo miracolo.
Certo è un problema molto complesso, ma credo comunque la Chiesa dovrebbe rivedere la sua strategia verso il mondo tradizionale cattolico, che non sembra molto indovinata.